30/09/2014 RIVOLUZIONE ETICA, ADESSO
In questi tempi di forte discredito della politica, sta circolando nelle librerie un volume di Vittorio Cimiotta, La rivoluzione etica. Da Giustizia e Libertà al Partito d’Azione (Mursia), presentato a Firenze martedì 22 aprile, al Circolo Fratelli Rosselli in via degli Alfani.
In questi tempi di forte discredito
della politica, sta circolando nelle librerie un volume di Vittorio Cimiotta, La
rivoluzione etica. Da Giustizia e Libertà al Partito d’Azione (Mursia),
presentato a Firenze martedì 22 aprile, al Circolo Fratelli Rosselli in via
degli Alfani.
Il libro propone una riflessione su
quella che è stata l’esperienza politica azionista: dalla fondazione di
Giustizia e Libertà nel 1929, a Parigi, all’impegno nella resistenza al
fascismo con la lotta clandestina e la nascita del Partito d’Azione nel 1942,
fino al suo scioglimento dopo la Liberazione nel 1947. Una riflessione storica
che è anche un’occasione per riconsiderare quella rivoluzione etica annunciata
ma mai realizzata, se non – forse - nella fase costituente, quando il Paese era
appena uscito dalla tragedia della guerra e tutte le forze politiche che
avevano partecipato alla Liberazione seppero concorrere a realizzare una comune
visione etica della politica.
Una storia di ieri, dunque – quella
di Cimiotta -, vista attraverso le vicende del socialismo liberale italiano, ma
anche un’esortazione a recuperare – oggi -, una nuova morale etica, civile e
politica per uscire dalla crisi non solo economica in cui ci troviamo.
Anche perché, al periodo fondante dello Stato democratico
che segnò l’ultima stagione dell’azionismo raccontata da Cimiotta, seguì il
periodo caratterizzato dalla “guerra fredda”, in cui la visione etica del bene
comune fu sostituita dalla concezione ideologica della politica, alzando
steccati fra le diverse culture che avevano reso possibile la Resistenza e la
Liberazione dal nazifascismo. Bloccando - di fatto - quella che avrebbe potuto
essere una normale evoluzione democratica dello Stato italiano.
Non
può quindi stupire se dopo gli anni del boom economico, caratterizzati da un
periodo di relativo progresso sociale, inizia con gli anni ‘80 quel declino
morale della politica italiana che trova nell’individualismo e nell’affarismo
il suo brodo di coltura, aprendo nel 1994 le porte del Parlamento ad uno
spregiudicato imprenditore milanese - che diventerà pure Primo Ministro -,
detentore di concessioni statali, nonostante una legge del 1957
dichiarasse non eleggibili i proprietari d’imprese private soggette ad accordi
con lo Stato.
Di
fatto, da quel momento, nella società italiana rinasce l’esigenza di una rivoluzione
etica, per contrastare l’omologazione al protagonismo privato che prende
campo e apre le porte, anche nella politica - compreso quella di sinistra -,
all’individualismo sfrenato che diventerà ben presto arbitrio, privilegio e
spesso, anche, corruzione e disonestà.
Dal 1994 ad oggi sono passati
vent’anni e, purtroppo, il tempo per fare quella rivoluzione etica –
Enrico Berlinguer la chiamò “morale” - sta per scadere od è, forse, già
scaduto.
Eppure, contrariamente a quello che
pensano molti delusi e chi vorrebbe sfasciare le istituzioni, è proprio adesso
il momento d’inaugurare – con una rivoluzione etica – una nuova stagione
politica, non solo per fare le riforme istituzionali necessarie al rinnovamento
e rilancio economico del Paese, ma anche per rimettere al centro della politica
quegl’ideali di libertà, giustizia e uguaglianza che animarono gli uomini e le
donne della Resistenza.
Alessandro
Sardelli